Nel 1970, in occasione delle celebrazioni per i 100 anni di Roma capitale d’Italia, Ennio Morricone compose le musiche per un testo pasoliniano scritto nel 1961 per la ricorrenza dei 100 anni dell’Unità d’Italia. Il brano venne inciso in disco e Pier Paolo Pasolini stesso diede voce alle sue parole. Nel 2015, il Maestro Morricone compose un nuovo commento musicale per questo testo ed eseguì “Meditazione orale” – alla guida dell’Orchestra e del Coro dell’Accademia – nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica che oggi porta il suo nome. In quell’occasione il testo venne proposto con la voce registrata del poeta.

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ripropone – in occasione del 2775° Natale di Roma – la registrazione di questo suo concerto come un omaggio alla città da parte di un romano tra i più illustri del recentissimo passato, di un intellettuale – di cui ricorrono i 100 anni dalla nascita – che come pochi altri ha saputo raccontarne grandezza e contraddizioni e di una Istituzione culturale tra le più antiche e rappresentative sui palcoscenici internazionali.

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Meditazione orale


Orchestra e Coro dell’Accademia di Santa Cecilia

Ennio Morricone, direttore
Registrata dal vivo il 2 luglio 2015
nella Sala Santa Cecilia
dell’Auditorium Parco della Musica di Roma

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Meditazione orale

Che Roma fosse città coloniale
dove venire in vacanza.
Ne dimorarono molti, poeti non socialmente determinati
liberi dalla burocrazia e con un po’ di paura della polizia;
né mancarono i bei soli, in questo secolo;
ciò che scompariva dava un breve dolore,
l’unico vero dolore era nei sogni; nei sogni in cui pareva
di essere costretti a lasciare questa città per sempre!
Non si piange su una città coloniale, eppure
molta storia passò sotto questi cornicioni
(col colore del sole calante)
e fu spietata;
fu una scommessa tra i fascisti e i liberali;
inaspettatamente questi ultimi, imbelli e anche un po’ buffi,
(meridionali delicati di fegato)
l’ebbero vinta. I forti furono battuti;
molta storia passò all’ombra dei Ministeri,
ma che lacrime fossero sparse in sogno per questa città
ciò sa di miracoloso, è quasi incomprensibile;
lacrime violente, che parevano sparse sul cosmo;
le lacrime degli addii alle partenze senza ritorno

Poi ricominciava la vacanza
e una sete insaziabile di solitudine
Molta storia passò su questo asfalto
e lungo i muretti di pietra, insensibili al sole d’agosto,
molta storia. I vecchi parlamentari onestamente
con solennità sedentaria
ripresero il loro posto, or ridenti or severi
verso i loro elettori, condividendone la pace col mondo:
a ognuno il suo realismo!
Avevano vinto la scommessa nel Settentrione eroico
nel Meridione segreto
e un sorriso popolare o una serietà piccolo borghese
insomma la ritrovata dignità
riportò pellegrinaggi di poeti liberi da classe sociale,
senza obblighi né orari
sì che dopo il pianto, la cosa più incredibile
fu quel desiderio di solitudine,
che dava una felicità completa e tenuta tutta per sé.
Gli occhi che avevano pianto in sogno
ora guardavano
senza limiti di tempo o scadenze,
con pomeriggi o notti intere davanti,
in cui non accadeva che ciò che la storia dimenticava.
Oh, certo, non fu serio;
fu una vacanza
Tutto doveva poi essere ragione di rimprovero;
Roma fu sede di nuove battaglie.

Da dove erano discesi questi barbari?
Beh, erano nati qua, a Via Merulana, a Piazza Euclide,
a Centocelle: e infatti bastava che impallidissero un po’,
ed ecco le facce dei loro padri, o sconfitti o vittoriosi,
ma tutti perduti nel passato in cui le lacrime non contano
e il desiderio di solitudine non è serio;
la storia ricominciò a passare,
ma ai posteggi verso le quattro del pomeriggio c’era calma e sole,
dietro al Quadraro i prati erano deserti.