Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Antonio Pappano, direttore
Bertrand Chamayou, pianoforte

Richard Strauss
Ein Heldenleben
Burleske, per pianoforte e orchestra

 

CD – Warner Classics
Disponibile nei migliori negozi di dischi e in digital download

Antonio Pappano dirige l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in due opere della prima fase della carriera di Richard Strauss: Burleske per pianoforte e orchestra, con Bertrand Chamayou come solista, e il poema sinfonico Ein Heldenleben, uno dei capolavori orchestrali del compositore. Composto quando Strauss aveva poco più di vent’anni, Burleske porta con sé echi di Brahms, Schumann e Liszt. Ein Heldenleben, presentato per la prima volta nel 1899 quando Strauss aveva 34 anni, rappresenta l’apice della sua precoce maturità.

Il primo grande successo operistico di Strauss sarebbe arrivato con Salome (sua terza opera) nel 1905, ma come sottolinea il Maestro Antonio Pappano: “Strauss ha sempre pensato in modo drammaturgico. Quando registri la sua musica in Italia, il punto di contatto non può che essere l’opera, con tutta la sua teatralità, temperamento, contrasti e colori. Penso che la qualità del “cantabile” di questa orchestra romana sia molto importante, perché Strauss era un grande melodista: serve un certo carisma nel suono, che questi musicisti sono in grado di ottenere. Guardando la partitura di Ein Heldenleben si è tentati di considerarla estremamente complessa, ma Strauss aveva un assoluto controllo della scrittura orchestrale. È altamente virtuosistica. Quando tutti sanno esattamente cosa devono fare, l’orchestra funziona davvero a meraviglia”.

Ein HeldenlebenUna vita da eroe – è un pezzo avvincente. Fortemente autobiografico. Si ha la sensazione che Strauss stia presentando se stesso come l’eroe.” Non è un caso che il tema dell’eroe sia presentato nella tonalità di Mi bemolle, che è la stessa tonalità della Sinfonia “Eroica” di Beethoven. “La partitura dipinge un ritratto dettagliato di un essere umano… C’è la sua vita familiare con la moglie Pauline, che in qualità di “Compagna dell’Eroe” è descritta dall’assolo di violino. Come possiamo sentire, Pauline poteva essere sia capricciosa che sentimentale. Ci si sente quasi come dei voyeur intenti ad guardare scene dal loro matrimonio cariche di tensioni, conflitti e riconciliazioni. Ma il pezzo parla anche di un uomo che si sforza di raggiungere altezze straordinarie, del nostro eroe che va in battaglia mentre viene attaccato dalla critica, interpretata dal suono “schiamazzante” dei legni”. Nella sezione “Le opere di pace dell’eroe”, Strauss cita le sue stesse opere, comprese i poemi sinfonici Don Juan, Tod und Verklärung, Till Eulenspiegel e Also Sprach Zarathustra. “È come se stesse rivivendo la sua vita”, dice Pappano, “così che alla fine possa dire addio con calma e rassegnata positività”.

Due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1949, Strauss diresse per l’ultima volta un concerto alla Royal Albert Hall di Londra. Burleske, scritto quasi 50 anni prima, era in programma. Bertrand Chamayou è convinto che abbia il medesimo spirito volubile di Carneval e Humoreske di Schumann, come potrebbe suggerire il titolo stesso. “C’è qualcosa di sorprendente, anche per il fatto di essere composto di un unico movimento: non è proprio un concerto, anche se dura 20 minuti, e non si capisce mai esattamente che direzione voglia prendere. Non solo ha in sé il senso dell’umorismo, ma anche il senso dell’assurdo.”

Strauss concepì originariamente Burleske per il pianista Hans von Bülow, allievo (e genero) di Liszt, che nel 1875 aveva eseguito la prima assoluta del Concerto per pianoforte n. 1 di Čajkovskij. Von Bülow ritenne che Burleske fosse eccessivamente impegnativo sul piano tecnico e rifiutò sprezzantemente di impararlo. Fu quindi eseguita in prima assoluta da Eugen d’Albert, un altro allievo di Liszt. “Von Bülow, che aveva le mani piccole, disse che era un pezzo impossibile perché la posizione della mano doveva cambiare ad ogni battuta”, spiega Chamayou. “In realtà cambia anche due o tre volte ad ogni battuta: le mani devono essere agili come un gatto! Forse tutto questo contribuisce all’elemento sorpresa. Il modo in cui i compositori hanno scritto per il pianoforte nel XX secolo ci ha abituati a richieste tecniche di questo tipo, ma Burleske è ancora una sfida per un pianista contemporaneo”.

 

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