Page 14 - Programma di sala 27 marzo 2021
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a breve; le tre grandi Messe, il Quintetto, il Te Deum, il Salmo 150,
          e  il  lavoro  corale  Helgoland».  Inoltre,  il  testamento  disponeva  di
          conferire  per  una ragionevole  durata  i  manoscritti  all’editore Josef
          Eberle  al  fine  di  preparare  la  pubblicazione,  evidentemente  con  la
          volontà  che  i  testi  della  sua  musica  fossero  basati  esclusivamente
          sui  suoi  autografi,  senza  interpolazioni  di  altra  mano.  Per  quanto
          riguarda in specifico la Quinta, inoltre, Bruckner acconsentì solo dopo
          molte riserve a presentare in pubblico il lavoro nella trascrizione per
          due pianoforti di Joseph Schalk, che la eseguì a Vienna nel 1888.
          Schalk racconta nelle lettere quanto il Maestro fosse stato pignolo
          nel preparare l’esecuzione, così come nel controllare la trascrizione,
          andata purtroppo perduta. Bruckner, infatti, teneva molto a questa
          sua pecorella, forse la più indifesa del gregge, che orchestre e direttori
          rifiutavano  per  l’eccessiva  lunghezza,  e  probabilmente  anche  per
          la difficoltà di capire le oscurità del suo linguaggio e le aporie della
          sua forma.
          La Quinta, infatti, nasce sotto il segno del dualismo e del contrasto.
          Il primo pizzicato degli archi bassi disegna una V, che scende da si
          bemolle a mi naturale e risale fino al si bemolle, tracciando così sulla
          fronte dell’intero lavoro il segno del tritono, l’intervallo più dissonante.
          Su questa ferita nascosta si sviluppa, negli archi superiori, un nobile ed
          espressivo contrappunto, che inizia con un’altra dolorosa dissonanza
          di  seconda  maggiore,  per  scendere  lentamente  di  una  quinta,
          Sol-Do, con un digradante movimento cromatico che si esaurisce
          nel silenzio. Dopodiché, all’improvviso, l’intera orchestra esplode
          in un urlo  fortissimo  sull’arpeggio  di  sol  bemolle  maggiore,  da  un
          punto di vista armonico sesta napoletana dell’accordo di dominante,
          fa maggiore, un tuono che si spenge drammaticamente nel nulla.
          La risposta alla disperata richiesta di aiuto è un corale degli ottoni,
          sempre in fortissimo, nel quale germoglia il tema che, dopo un’ulterio-
          re, più serena supplica in si bemolle maggiore, la tonalità principale del
          movimento, mette in moto l’immane processo di autocoscienza della
          Sinfonia verso lo scioglimento finale e la liberazione dall’opprimente
          angoscia dipinta nell’Introduzione iniziale.
          La forma del primo movimento, come sempre nelle Sinfonie di Bruck-
          ner, è articolata e complessa, ma lucida e ben modellata. L’esposizio-
          ne è basata su tre aree tematiche: un primo soggetto che racchiude


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