Page 16 - Programma di sala 27 marzo 2021
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un’ansia di movimento che rispecchia un’irrequietezza, un travaglio
          interiore senza requie dell’autore.
          Di una qualità, invece, era ricco il talento di Bruckner, l’inesauribile
          vena del melos lirico. L’Adagio successivo in re minore ne rappresenta
          un  esempio  eloquente.  A  differenza  del  primo  movimento,  qui  lo
          svolgimento è lineare ma il dualismo tra l’ordito ritmico del pizzicato
          degli  archi  e  l’ampia  melodia  dell’oboe,  in  apertura,  rivela  che
          l’inquietudine  precedente  non  è  del  tutto  dissipata.  La  speranza,
          tuttavia, prorompe anche qui senza alcuna preparazione, dal silenzio,
          esattamente come in precedenza il grido di aiuto. Una potente melodia
          in  do  maggiore,  da  suonarsi  sulla  tenorile  quarta  corda  dei  violini,
          riecheggia come una preghiera negli spazi vuoti dell’orchestra, ma il
          percorso di salvezza è costellato di tensioni e di momenti oscuri, che
          non si risolvono alla fine. L’Adagio, infatti, si richiude sul mesto tema
          dell’inizio, frammentato tra diversi strumenti, lasciando solo un sottile
          spiraglio di luce con l’accordo di re maggiore appena accennato nelle
          tre battute conclusive.
          Il disegno del pizzicato degli archi all’inizio dell’Adagio si trasforma
          nel reticolo ritmico che sostiene l’energico  Scherzo successivo,
          anch’esso in re minore. La febbrile immaginazione di Bruckner sembra
          trasformare le ossessioni e le speranze vissute in precedenza in una
          sorta di parodia mondana, che risucchia nel vortice voluttuoso del
          valzer la nostalgia di una felicità terrena sognata in un mondo lontano.
          Il tema dello Scherzo, infatti, è una permutazione del tema principale
          dell’Allegro iniziale, e questo mette in luce un’altra caratteristica della
          Sinfonia, la sostanziale genesi unitaria che lega insieme l’intero lavoro.
          L’introduzione del Finale, in maniera analoga alla Nona di Beethoven,
          ripercorre nella memoria i momenti essenziali  della Sinfonia.
          A  differenza  dell’illustre  modello,  però,  Bruckner  non  intende
          cancellare il passato per cantare una nuova canzone. Il clarinetto, che
          detta il tema del fugato iniziale prendendo spunto da elementi del
          primo movimento, s’insinua nella memoria per ricordare che la tonalità
          principale, si bemolle maggiore, è ancora tutta da conquistare, e non
          sarà una battaglia agevole da combattere. Al contrario, lo sterminato
          Finale della Quinta rappresenta la più cruenta vittoria dello spirito
          sulla materia, della fede sul pessimismo della ragione, che sottolinea
          continuamente  la fragilità  delle speranze  umane  e  l’illusoria felicità


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