Page 13 - Programma di sala 27 marzo 2021
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la sua musica, principalmente attraverso il Wiener Akademischer
             Wagner-Verein. Gli sforzi di questi giovani musicisti, però, tendevano
             erroneamente a uniformare il linguaggio sinfonico di Bruckner
             all’avvolgente suono dell’orchestra di Wagner, senza rendersi conto
             di quanto fossero inconciliabili i loro mondi.
             Bruckner,  malgrado  l’ammirazione  sconfinata  per  Wagner,  era  un
             musicista completamente diverso, che cercava in maniera del tutto
             isolata, con una forza d’animo a tratti stupefacente, di raggiungere
             un traguardo spirituale non sempre chiaro nemmeno a sé stesso, ma
             perlomeno intravisto come una luce lontana nel laborioso impegno
             quotidiano di scrittura, con una cognizione del suono, del tempo, della
             forma assolutamente nuova, e forse poco comprensibile al pubblico
             del suo tempo.
             Per  fare  un  esempio  concreto  di  questa  discrepanza,  all’inizio  del
             Finale, dopo la citazione dell’Adagio con cui si apre la Sinfonia, inizia
             un fugato su un tema icastico e appuntito, una specie di motto eroico e
             combattivo. Nell’originale di Bruckner il tema è segnato forte e affidato
             a un clarinetto solo, mentre nella versione di Schalk diventa piano e
             trasformato in un elegante impasto timbrico di flauto, oboe e clarinetto.
             Non c’è dubbio che quest’ultima versione sia più ‘bella’ esteticamente
             e  incontrasse  di  più  il  favore  di  un  pubblico  abituato  all’edonismo
             sonoro dell’orchestra di Wagner, ma è altrettanto evidente che nel
             passaggio dall’una all’altra si perde il carattere acido e grottesco del
             clarinetto solo, molto più coerente con la ricerca di un contrasto tra la
             realtà deforme e malvagia del mondo e la visione profetica del trionfo
             delle forze spirituali nel gigantesco corale conclusivo.
             Il fatto che fino all’ultimo sia stato tormentato da dubbi e ripensamenti
             sul suo lavoro, tuttavia, non significa per niente che Bruckner fosse
             un uomo debole e insicuro, come spesso è stato dipinto anche dalla
             critica favorevole. Bruckner, viceversa, era ben conscio del proprio
             valore e consapevole del cammino fatto. Nel 1893, mentre Schalk
             stava  lavorando  a  sua  insaputa  già  da  un  anno  alla  versione  non
             autorizzata della Quinta, Bruckner dispone con un testamento della
             propria musica: «Lascio in eredità alla Biblioteca Imperiale di Vienna
             e chiedo che la sua amministrazione si assuma la responsabilità di
             conservare  gli  autografi  manoscritti  delle  seguenti  composizioni:
             le  Sinfonie, al  momento otto,  la  nona,  se Dio vuole, da  terminare


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