Page 12 - Programma di sala - 12 marzo 2021
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LIBRI in Inghilterra e altrove; e una produzione
di musica che lascia a dir poco stupiti: la
Maria Teresa Arfini Seconda Sinfonia, Lobgesang, nel 1840,
Mendelssohn
Palermo, L’epos 2010 la Scozzese (edita come Terza, ma in
realtà quinta e ultima) nel 1842, le musiche
Felix Mendelssohn di scena per Antigone, Sogno di una
Bartholdy
Tendere alla perfezione: notte di mezz’estate e Athalie di Racine;
Lettere scelte e l’Elijah, avviato già nel 1837; e poi ore e
documenti ore di altra musica sinfonica, da camera,
Varese, Zecchini 2009
per pianoforte, per varie formazioni vocali,
e i Lieder.
A completare il Concerto in mi minore sarebbe arrivato soltanto dopo
sei anni, nel 1844. Il 13 marzo 1845 alla testa della sua orchestra,
quella del Gewandhaus, Mendelssohn e David battezzarono la nuova
creatura, con grande successo. Da allora la popolarità del Concerto in
mi minore non ha conosciuto eclissi. Resta tuttora al centro della triade
dei grandi concerti per violino e orchestra dell’Ottocento tedesco,
seguendo di trentotto anni quello di Beethoven (1806) e precedendo
di trentaquattro quello di Brahms (1878), ma prendendo nel catalogo
del suo autore un posto forse più importante di quello rivestito dagli
altri due in quello dei rispettivi creatori. Infatti in compositori come
Beethoven e Brahms il genere del Concerto per strumento solista
e orchestra con tutta probabilità rimaneva un tantino in sott’ordine,
in certo senso più leggero rispetto a forme come la sinfonia
o il quartetto.
Nel Concerto si dovevano fare i conti con le esigenze del solista,
concedendo qualcosa al virtuosismo, all’esibizione perfino. Inoltre
la necessità di suddividere in qualche maniera la sostanza della
composizione fra la massa dell’orchestra e il solista poteva in
fondo inceppare il cammino formale in ripetizioni e rimpalli che alla
lunga rischiavano di danneggiare la logica perfetta della sonata e
degli altri schemi compositivi impiegati nei diversi movimenti; tanto
che pressoché d’obbligo, per il finale, era lo schema del Rondò,
da tempo ripudiato dalle forme più nobili come appunto la sinfonia
o il quartetto.
In fondo non è per caso che Beethoven abbia smesso di comporre
concerti nel 1809, con l’Imperatore, escludendo questo genere dalla
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